Con l’approvazione della Legge n. 115/2015, c.d. “Legge Europea 2014” pubblicata sulla G.U. 3.8.2015, n. 178, in vigore dal 18.8.2015, sono state introdotte alcune modifiche alla normativa
nazionale relativa “ai temi degli acquisti intracomunitari e delle cessioni intracomunitarie non imponibili, con riferimento alle operazioni di trasferimento di beni tra Stati membri per l’effettuazione di perizie o di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali” di cui agli artt. 38, comma 5, lett. a) e 41, comma 3, DL n. 331/93.
L’intervento normativo è stato, in parte, sollecitato dall’avvio della fase precontenziosa di una procedura di infrazione, attivata dalla Commissione UE mediante il sistema “EU Pilot” (caso n.
6286/14).
Nell’ambito della giurisprudenza comunitaria si rammenta che la Corte di Giustizia UE, con la sentenza 6.3.2014, cause C-606/12 e 607/12, ha riconosciuto la “non conformità” della normativa
nazionale con quanto previsto dall’art. 17, par. 2, lett. f), Direttiva n. 2006/112/CE che così dispone:
“Non si considera trasferimento a destinazione di un altro Stato membro la spedizione o il trasporto di un bene ai fini [della] prestazione di un servizio resa al soggetto passivo ed avente per
oggetto lavori riguardanti il bene, materialmente eseguiti nel territorio dello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto del bene, qualora il bene, una volta terminati i lavori, sia rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale era stato inizialmente spedito o trasportato”.
A differenza della normativa nazionale quindi, il Legislatore comunitario impone il rispetto delle seguenti 2 condizioni:
• trasferimento temporaneo dei beni da lavorare;
• spedizione / trasporto dei beni lavorati nello Stato di origine.

Secondo i Giudici comunitari infatti il bene oggetto di lavorazione “deve necessariamente essere rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale esso era stato inizialmente spedito o trasportato”.
Se il bene non è restituito al committente nello Stato da cui era partito ma inviato allo stesso committente o a soggetti terzi in uno Stato UE diverso da quello di provenienza ovvero direttamente esportato dall’Italia, la Corte precisa che il committente non residente deve rilevare il “trasferimento di beni a destinazione di un altro Stato membro” (assimilato ad un acquisto intraUE) nel “momento in cui tale condizione cessa di essere soddisfatta”, come espressamente previsto dal par. 3, ultimo periodo del citato art. 17, nonché la successiva cessione intraUE o l’esportazione del prodotto lavorato. Va evidenziato che con la sentenza 30.4.2015, causa C-97/14 la Corte di Giustizia UE è ritornata sulla questione con riferimento al luogo di tassazione dei servizi nei confronti di committenti comunitari nel caso in cui i beni prodotti siano spediti fuori dal territorio dello Stato del prestatore.
Si rammenta che il trattamento IVA della prestazione di servizi resa / ricevuta è contenuto nell’art. 7- ter, DPR n. 633/72, in base al quale:
• le prestazioni rese ad operatori UE sono non soggette IVA in Italia in quanto le stesse dovranno essere assoggettate ad imposta nello Stato UE del committente;
• le prestazioni ricevute da operatori UE sono assoggettate ad IVA in Italia da parte del committente tramite il reverse charge.

BENI TRASFERITI IN ITALIA PER LAVORAZIONE

Disciplina previgente

Come noto, l’art. 38, comma 2, DL n. 331/93 qualifica un acquisto “intraUE” in presenza dei seguenti requisiti:
• l’acquirente e il cedente sono soggetti passivi IVA (iscrizione al VIES);
• l’operazione è a titolo oneroso e ha ad oggetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale su un bene mobile;
• il bene è effettivamente trasferito da uno Stato UE ad un altro Stato UE.
Al ricorrere di tali requisiti l’IVA relativa all’acquisto intraUE è dovuta nello Stato di destinazione dei beni da parte dell’acquirente, tramite il reverse charge (è richiesta altresì la
presentazione dei modd. Intra beni).
In deroga a tale regime, il comma 5 del citato art. 38 individua una serie di fattispecie non riconducibili alla categoria degli acquisti “intraUE”.
In particolare, la previgente versione della lett. a) del citato comma 5 dispone(va) che non costituiscono acquisti intraUE, tra l’altro, l’ingresso di beni in Italia per conto di un soggetto comunitario oggetto di perizie / operazioni di perfezionamento / manipolazioni usuali, successivamente restituiti al committente nello Stato di provenienza, o per suo conto in un altro Stato UE o fuori dall’UE.
Risultava irrilevante la successiva destinazione dei beni lavorati; gli stessi potevano essere indifferentemente inviati nello Stato di origine o in altro Stato (UE o extraUE).
In applicazione di tale deroga, l’introduzione dei beni in Italia quindi non andava rilevata quale acquisto intraUE da parte del soggetto estero anche se successivamente trasportati / spediti in
uno Stato diverso da quello di provenienza.

Nuova disciplina

Come sopra accennato, l’art. 13, comma 1, lett. a), Legge n. 115/2015, al fine di allineare la normativa nazionale a quella comunitaria, ha modificato la lett. a) del citato comma 5.
In particolare la deroga prevista dalla citata lett. a) è ora circoscritta alle sole operazioni di introduzione in Italia di beni oggetto di perizie / lavorazioni successivamente trasportati / spediti
al committente nello Stato UE di provenienza. Nel caso in cui i beni oggetto della lavorazione siano restituiti al committente trasportando / spedendo gli stessi in un altro Stato UE / extraUE non trova più applicazione il regime di sospensione di cui all’art. 38, comma 5, lett. a), DL n. 331/93.
Conseguentemente per l’operatore comunitario si configura un acquisto intraUE di beni in Italia per il quale si rende necessario il possesso di una posizione IVA italiana.
Il successivo trasporto / spedizione dei beni lavorati in un altro Stato UE / extraUE configura una cessione intraUE di beni assimilata / esportazione.

BENI TRASFERITI IN ALTRO STATO UE PER LAVORAZIONE

Disciplina previgente

Come noto, ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. a), DL n. 331/93, le cessioni di beni effettuate da operatori italiani nei confronti di operatori UE sono considerate non imponibili IVA in quanto alle stesse è applicabile il regime di tassazione nello Stato UE di destinazione dei beni.
Affinchè l’operazione possa considerarsi intraUE, è necessario che sussistano i seguenti requisiti:
• onerosità dell’operazione;
• trasferimento della proprietà o di altro diritto reale;
• destinazione dei beni in un altro Stato UE;
• soggettività passiva dell’acquirente / cedente (iscrizione al VIES).
In mancanza di tali elementi la cessione è imponibile IVA nello Stato in cui i beni esistono (e non in quello di destinazione).
Il cedente deve essere in possesso di adeguate prove documentali in grado di attestare che i beni oggetto della cessione siano stati effettivamente trasferiti in un altro Stato UE.
Il comma 3 del citato art. 41 esclude(va) dalle cessioni intraUE “assimilate” di cui al comma 2, lett. c), l’invio di beni in altro Stato UE “oggetto di perizie o delle operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali”, prescindendo dal luogo di invio dei beni al termine della lavorazione.
Analogamente alla fattispecie relativa ai beni in lavorazione in Italia, risultava irrilevante la successiva destinazione dei beni lavorati.

Nuova disciplina

Come sopra accennato, l’art. 13, comma 1, lett. b), Legge n. 115/2015, in linea con quanto previsto per la fattispecie relativa ai beni in lavorazione in Italia, ha modificato il comma 3 del citato art. 41.
In particolare non rientrano tra le cessioni intraUE i trasferimenti in altro Stato UE di beni oggetto di perizie / lavorazioni solo a condizione che i beni siano successivamente trasportati / spediti in
Italia al committente soggetto passivo. Nel caso in cui i beni oggetto della lavorazione siano restituiti al committente italiano trasportando / spedendo gli stessi in un altro Stato UE / extraUE non trova più applicazione il regime di sospensione di cui all’art. 41, comma 3, DL n. 331/93.
Conseguentemente per il committente italiano si configura una cessione intraUE di beni assimilata che impone allo stesso l’applicazione dell’IVA all’acquisto intraUE realizzato nello Stato
UE nel quale avviene la lavorazione. Il successivo trasporto / spedizione dei beni lavorati in un altro Stato UE / extraUE configura una
cessione intraUE di beni / esportazione dallo Stato di lavorazione.