La cessione di 2 lotti di terreno inclusi nel patrimonio privato di un imprenditore che li ha utilizzati unitamente ad altri 5 per costruire un centro commerciale successivamente ceduto, deve essere
assoggettata ad IVA.
Questo il principio desumibile dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, relativa alla causa C- 331/14 depositata il 9.7.2015, nella quale i Giudici comunitari si sono espressi riguardo ad un procedimento che vedeva contrapposte l’Autorità tributaria slovena e un contribuente ivi residente.

IL FATTO OGGETTO DELLA CAUSA C-331/14

Tra il 1998 e il 2002 un soggetto passivo sloveno, quale imprenditore autonomo, aveva acquistato in veste di “privato” 7 particelle di terreno, 5 delle quali da una persona fisica e le restanti da una
società commerciale. Come previsto dalla normativa slovena, i terreni acquistati da privati non avevano scontato l’IVA per carenza del “requisito soggettivo”, mentre quelli acquistati dalla società
non erano stati assoggettati per carenza del “requisito oggettivo”.
In vista della costruzione di un centro commerciale sulle 7 particelle, l’operatore sloveno aveva richiesto ed ottenuto le autorizzazioni amministrative per intraprendere i lavori di costruzione avviati nel maggio 2003. Un mese dopo l’operatore effettuava il conferimento nel patrimonio dell’impresa di 5 delle 7 particelle acquistate, mentre le restanti 2 continuavano ad essere incluse nel proprio patrimonio privato.
Al termine dei lavori nel 2004, il soggetto sloveno ha ceduto a 2 società il centro commerciale unitamente alle 7 particelle di terreno sulle quali lo stesso era stato realizzato. La cessione è stata
effettuata parte come imprenditore autonomo e parte come persona fisica privata.
La prima cessione, costituita da parte del centro commerciale e relative 5 particelle di terreno, è stata fatturata con IVA, mentre la seconda, riguardante la restante parte di centro con i relativi
terreni, è stata venduta senza IVA per (presunta) mancanza del requisito soggettivo di imprenditore in capo al cedente.

LE QUESTIONI SOLLEVATE DAL GIUDICE SLOVENO

Nell’ottobre 2004, l’Autorità tributaria slovena ha emesso un Provvedimento per richiedere l’IVA non pagata, basando la pretesa sul fatto che entrambe le vendite rientrassero nell’attività economica esercitata dal contribuente. Contro tale Provvedimento l’interessato ha proposto ricorso che è stato respinto dal Ministero delle Finanze. Tale decisione è stata successivamente confermata dal Tribunale amministrativo. La Corte superiore, però, ha rinviato la causa dinanzi alla Corte di Giustizia UE sottoponendo ai Giudici comunitari la seguente questione pregiudiziale:
“Se le disposizioni di cui agli articoli 2, punto 1, e 4, paragrafo 1, della Sesta direttiva debbano essere interpretate nel senso che, in circostanze quali quelle di cui alla presente fattispecie – in
cui una persona acquista dei terreni in veste di persona fisica, senza vedersi addebitare a monte in tale contesto alcuna IVA, e poi su tali terreni costruisce come imprenditore autonomo un centro
commerciale, indi iscrive tra le immobilizzazioni della sua impresa sulla base delle norme contabili nazionali soltanto una parte dei terreni sui quali costruisce il centro commerciale, per poi vendere tale centro insieme a tutti i terreni al committente dell’opera costruita –, occorre considerare che tale persona, già per il fatto di non iscrivere dei terreni tra le immobilizzazioni della sua impresa, non include tali terreni nel sistema dell’IVA e dunque non è, all’atto della vendita degli stessi, un soggetto passivo obbligato ad addebitare e poi a versare l’IVA applicata a valle”.

LA SENTENZA 9.7.2015, CAUSA C-331/14

Per i Giudici comunitari, dal tenore letterale dell’art. 2, punto 1, Direttiva n. 77/388/CE, risulta che un soggetto passivo deve agire “in quanto tale” affinché una determinata operazione possa
essere assoggettata all’IVA. Al contrario, un soggetto passivo che realizzi un’operazione a titolo privato, non agisce in quanto soggetto passivo e tale operazione non ricade nella sfera di
applicazione dell’imposta. Va tuttavia considerato che, dalla consolidata giurisprudenza comunitaria, la nozione di “soggetto passivo” è strettamente connessa al concetto di “attività economica” che comprende le attività di produttore, commerciante o di prestatore di servizi così come tutte le operazioni che determinano lo sfruttamento di un bene al fine di ottenere dei frutti.
A giudizio della Corte per stabilire, poi, se la vendita di un terreno debba essere esclusa dall’assoggettamento ad IVA non è sufficiente che il bene sia incluso nel patrimonio privato di un
soggetto, ma è anche fondamentale che la stessa avvenga nell’ambito della gestione e dell’amministrazione del patrimonio privato del soggetto, a nulla rilevando il solo diritto di proprietà o l’utilizzo di risorse personali per l’acquisto. Nel caso di specie, quindi, considerato che l’acquisto delle 7 particelle di terreno era avvenuto nell’arco di pochi anni, che l’insieme di tutte le particelle costituiva condizione necessaria per la costruzione del centro commerciale ed, infine, che erano stati svolti dei lavori di ripristino sulle particelle incluse nel patrimonio personale del soggetto
per una somma di € 48.000, ne deriva che tutta l’operazione di cessione rientra nell’ambito dell’attività economica di imprenditore. Per tale ragione, condividendo le ragioni dell’Ufficio impositore, la Corte UE ha riconosciuto che l’operazione doveva essere assoggettata ad IVA.

LA DISCIPLINA NAZIONALE

L’art. 4, DPR n. 633/72 stabilisce che chiunque eserciti per professione abituale, anche se non esclusiva, una delle attività economiche indicate agli artt. 2135 e 2195, C.c., dirette alla produzione di beni / servizi, è considerato soggetto passivo d’imposta.
Come affermato nella RM 29.11.88, n. 550326, la professione abituale ricorre ove un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al raggiungimento di uno scopo, con esclusione quindi delle ipotesi di atti economici posti in essere in via meramente occasionale. Tuttavia, l’esercizio abituale di un’attività economica può derivare anche da un solo affare purché comporti una complessa struttura organizzativa ovvero una rilevante entità economica, come rilevato dalla prassi ministeriale e in alcune sentenze della (ex) CTC e della Corte di Cassazione. In particolare, secondo la RM 14.7.87, n. 460687, si prescinde da termini temporali e dalla qualificazione del rapporto instaurato tra le parti quando l’esercizio di fatto dell’attività economica emerga, caso per caso, da circostanze obiettive.
Questi concetti sono stati confermati e ampliati dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 7.8.2002, n. 273/E secondo la quale “perché ricorra la figura dell’imprenditore commerciale non è necessario che la funzione organizzativa dell’imprenditore costituisca un apparato strumentale fisicamente percepibile, poiché quest’ultimo può ridursi al solo impiego di mezzi finanziari, sicché la qualifica di imprenditore deve essere attribuita anche a chi utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi.
È, poi, del tutto irrilevante che l’esercizio dell’impresa si esaurisca in un singolo affare, poiché anche il compimento di un unico affare può costituire impresa quando implichi l’esecuzione di una serie coordinata di atti economici, come avviene nel caso, per esempio, di costruzione di edifici da destinare all’abitazione, sia pure con un’unica operazione economica” (sentenze Corte di Cassazione 29.8.97, n. 8193; 31.5.86, n. 3690 e 20.1.73, n. 267).
Ed ancora, la Cassazione ha precisato che “l’abitualità, sistematicità e continuità dell’attività economica, come indice della professionalità necessaria per l’acquisto della qualità di imprenditore,
vanno intese in senso non assoluto, ma relativo, per cui non può escludersi la qualità di imprenditore – come tale assoggettabile alla disciplina dell’IVA – nel soggetto che svolga un’attività che si protragga nel tempo per una durata apprezzabile, ancorché finalizzata al compimento di un’unica operazione speculativa” (sentenze Corte di Cassazione 10.5.96, n. 4407 e 11.4.96, n. 3406). Sulla scorta delle sopra richiamate considerazioni, l’Agenzia, nella citata Risoluzione n. 273/E, ha riconosciuto che con la costruzione e vendita di 31 box auto una persona fisica pone in essere un’attività imprenditoriale rientrante tra quelle disciplinate dall’art. 51, TUIR. Pertanto le cessioni dei box poste in essere costituiscono operazioni rilevanti ai fini dell’IVA ai sensi del citato art. 4. L’occasionalità, con conseguente esclusione dall’IVA, sussiste nel caso in cui l’attività è posta in essere in modo accidentale o sporadico, senza che il soggetto abbia predisposto nulla per effettuarla.