In attuazione di quanto disposto dagli artt. 5, 6 e 8, comma 2, Legge n. 23/2014, contenente la Riforma fiscale, in data 5.8.2015 è stato emanato il D.Lgs. n. 128/2015 in merito alla “certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente”, pubblicato sulla G.U. 18.8.2015, n. 190.
In particolare il contenuto del Decreto in esame è così articolato:

D.Lgs. 128/15: contenuto e note.

Art. 1: Disciplina normativa dell’abuso del diritto / elusione fiscale. introduce il nuovo art. 10-bis nella Legge n. 212/2000  (Statuto del contribuente).

Art. 2: Modifica della disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento a seguito di contestazione di un reato penale.

Art. 3  Introduzione di un regime di collaborazione tra l’Agenzia delle Entrate e i contribuenti dotati “di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale” .            Introduzione limitata alle “grandi imprese” (volume d’affari / ricavi superiori a € 10 miliardi).
                                                                                      

Di seguito si esamina il contenuto della nuova disciplina dell’abuso del diritto che integra e sostituisce la norma antielusiva contenuta nell’abrogato art. 37-bis, DPR n. 600/73.
Va evidenziato che la nuova disciplina è già stata applicata dalla Corte di Cassazione nella recentissima sentenza 7.10.2015, n. 40272.

NUOVA NORMA ANTIABUSO (Art. 10-bis, legge 212/2000)

L’art. 1, D.Lgs. n. 128/2015 introduce nello Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000) il nuovo art. 10-bis rubricato “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”.
Secondo quanto specificato nella Relazione illustrativa del citato Decreto, la collocazione della nuova norma nello Statuto del contribuente è finalizzata ad unificare i concetti di elusione
fiscale e abuso del diritto e ad estenderne l’applicazione a tutti i tributi (in precedenza l’art. 37-bis, DPR n. 600/73 interessava soltanto le imposte sui redditi).
Si rammenta che la giurisprudenzia ha esteso l’applicazione dell’abuso del diritto a tutti i tributi; infatti, come specificato anche nella citata Relazione illustrativa, con riferimento all’IVA è stato
ritenuto applicabile il principio antiabuso non scritto ricavato dalle sentenze della Corte di Giustizia UE (sentenza “Halifax” 21.2.2006, causa C-255/02 e successive) mentre a livello nazionale la
Corte di Cassazione ha esteso l’applicazione dello stesso a tutte le imposte, individuando quale fonte normativa l’art. 53 della Costituzione che sancisce il principio della capacità contributiva.

Nozione di Abuso del Diritto

Il nuovo art. 10-bis contiene, al comma 1, la definizione generale di abuso del diritto. In particolare:
“Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.
Come precisato nella citata Relazione illustrativa, i presupposti al verificarsi dei quali si determina abuso del diritto sono rappresentati da:
• assenza di sostanza economica delle operazioni;
• realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;

• vantaggio, che rappresenta l’effetto essenziale dell’operazione posta in essere.
Il vantaggio indebito conseguito tramite l’operazione è fondamentale rispetto alle altre finalità perseguite e risulta dunque lo scopo essenziale dell’operazione.
Il comma 2 del citato art. 10-bis, contiene la definizione degli elementi costitutivi dell’abuso del diritto:
“a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di
sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti
giuridici a normali logiche di mercato;
b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario siano essi di matrice comunitaria
(tributi armonizzati), sia essi di diritto interno (tributi non armonizzati)”.
Come precisato nella Relazione illustrativa, in accoglimento di uno specifico rilievo formulato dalle Commissioni parlamentari, il richiamo all’ordinamento tributario comprende, oltre alle norme
interne, anche quelle sovranazionali efficaci nell’ordinamento interno.

Operazioni non abusive

Il comma 3 dell’art. 10-bis delinea, per esclusione, le operazioni che non vanno considerate abusive.
In particolare, non comportano abuso del diritto le operazioni giustificate da valide ragioni economiche extrafiscali che:
• non siano marginali;
• rispondano a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa / attività professionale del contribuente.
La Relazione illustrativa “suggerisce” quale criterio per individuare la non marginalità delle ragioni extrafiscali quello in base al quale l’operazione non sarebbe stata realizzata in
assenza delle stesse.
Va evidenziato che:
• non è richiesto che dall’operazione consegua una redditività immediata in quanto il miglioramento perseguito dall’impresa potrebbe essere anche di ordine organizzativo o gestionale;
• l’applicabilità della disciplina è espressamente prevista anche nei confronti dei lavoratori autonomi.

Libertà di scelta del contribuente

Come ribadito dal comma 4 rimane, in capo al contribuente, la libertà di scelta dei diversi regimi opzionali previsti dalla legge e delle operazioni che comportano un diverso carico fiscale.
A tal proposito la Relazione illustrativa precisa che “il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta esercitando la propria libertà di iniziativa economica e scegliendo tra gli atti, i fatti e i contratti quelli meno onerosi sotto il profilo impositivo”.
Pertanto “l’unico limite alla suddetta libertà è costituito dal divieto di perseguire un vantaggio fiscale indebito”. Come desumibile dalla Relazione illustrativa, non configura abuso di diritto, ad esempio, la scelta del contribuente di estinguere la società procedendo ad una fusione anziché alla liquidazione della stessa. Infatti, ancorché la prima sia fiscalmente neutrale mentre la seconda abbia natura realizzativa “nessuna disposizione tributaria mostra «preferenza» per l’una o l’altra operazione; sono due operazioni messe sullo stesso piano, ancorché disciplinate da regole fiscali diverse”.

Interpello preventivo

Secondo quanto disposto dal comma 5 il contribuente può presentare un interpello preventivo ex art. 11, Legge n. 212/2000 per conoscere se le operazioni che intende porre in essere o già
realizzate costituiscano una fattispecie di abuso del diritto.
L’istanza va presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione (o di assolvimento di altri obblighi tributari) nell’ambito della quale sono comprese le operazioni suscettibili di censura sotto il profilo dell’abuso.
In pratica, l’interpello in esame può essere proposto anche successivamente all’effettuazione dell’operazione ma comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione nella quale tale
operazione ricade.
Va evidenziato che il recente D.Lgs. n. 156/2015, pubblicato sul S.O. n. 55/L alla G.U. 7.10.2015, n. 233, in attuazione della Riforma fiscale, ha riformato l’istituto dell’interpello di cui al citato art. 11.

ASPETTI PROCEDIMENTALI

I commi da 6 a 11, al fine di:
• garantire un efficace confronto tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente;
• salvaguardare il diritto di difesa del contribuente;
regolano taluni aspetti relativi allo specifico procedimento che l’Ufficio deve porre in essere per contestare l’abuso del diritto, nonché alla ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione e
contribuente.

Contestazione dell’ufficio

Il citato comma 6 specifica che:
“l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in
cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto”.
Come precisato nella Relazione illustrativa, tale “apposito atto” non può contenere altri addebiti che, quindi, devono essere contestati separatamente.
Va evidenziato che:
• nella contestazione dell’abuso, l’Agenzia delle Entrate ha l’onere di dimostrare la sussistenza dello stesso, alla luce dei requisiti di cui ai commi 1 e 2 sopra esaminati. Trattasi di un
accertamento di tipo parziale in quanto effettuato “senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice”;
• il contribuente, al fine di giustificare l’operazione, deve dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali, secondo quanto specificato nel citato comma 3.
L’Ufficio, come disposto espressamente dal citato comma 6, prima della notifica dello specifico atto con il quale contesta l’abuso, deve provvedere all’attivazione obbligatoria del contraddittorio
con il contribuente. La mancata richiesta di chiarimenti comporta la nullità dell’atto. Va evidenziato che, come ribadito dalla Corte Costituzionale (sentenza 7.7.2015, n. 135), l’obbligo
di contraddittorio preventivo è un principio generale dell’ordinamento.

Nell’ambito del contraddittorio, ossia entro 60 giorni dalla notifica della richiesta di chiarimenti, il contribuente può fornire le spiegazioni in ordine alla sussistenza delle valide ragioni extra
fiscali che giustificano l’operazione.
Ai sensi del comma 9 del citato art. 10-bis, la nullità dell’atto si determina, come evidenziato nella Relazione illustrativa, anche qualora nello stesso l’Ufficio non abbia riportato le motivazioni analitiche riferite alla condotta abusiva, alle norme ed ai principi elusi, ai vantaggi fiscali conseguiti e ai chiarimenti forniti dal contribuente.

Iscrizione al ruolo dei tributi accertati

Per effetto di quanto disposto dal comma 10, in caso di ricorso, la riscossione avviene con la consueta modalità stabilita dal D.Lgs. n. 546/92 in materi di contenzioso, comprese le disposizioni
sulla riscossione provvisoria.
A tal proposito va evidenziato che viene, di fatto, replicata la previsione già contenuta nell’art. 37- bis, DPR n. 600/73.

Richieste di rimborso da parte dei soggetti terzi

Il comma 11, a tutela dei soggetti terzi in buona fede, prevede che i contribuenti “diversi da quelli nei cui confronti sono applicate le disposizioni sull’abuso del diritto”, possono richiedere la
restituzione dei tributi pagati per le operazioni oggetto di censura da parte dell’Agenzia delle Entrate presentando un’istanza di rimborso entro 1 anno dal giorno in cui l’accertamento è divenuto definitivo o è stato definito tramite adesione / conciliazione giudiziale.

Irrilevanza penale dell’abuso del diritto

L’evasione fiscale / frode fiscale vanno perseguite con gli specifici strumenti già previsti nell’ordinamento; la disciplina antielusiva dell’abuso del diritto ha quindi carattere residuale,
come statuito dal comma 12.
È esclusa l’applicazione di sanzioni penali in relazione alla contestazione dell’abuso del diritto, restando invece pienamente applicabili le sanzioni tributarie.
Secondo quanto affermato nella Relazione illustrativa, l’esclusione della rilevanza penale trova il proprio fondamento nel criterio direttivo della Riforma fiscale che richiede l’individuazione dei confini tra evasione ed elusione; è stata pertanto graduata la gravità tra un comportamento che vìola direttamente una disposizione normativa rispetto alla sussistenza dell’abuso con il quale è aggirata la ratio di una serie di norme.

ASPETTI APPLICATIVI

Nell’art. 1, D.Lgs. n. 128/2015 i commi da 2 a 5 affrontano ulteriori aspetti applicativi della normativa in esame. In particolare:
• è espressamente abrogato l’art. 37-bis, DPR n. 600/73 e ogni riferimento a tale norma si intende effettuato alla nuova norma antiabuso ex art. 10-bis, Legge n. 212/2000;
• viene riprodotto quanto stabilito dal comma 8 del soppresso art. 37-bis in materia di interpello disapplicativo che, stante l’abrogazione dell’intero articolo, non sarebbe altrimenti più vigente;
• è prevista l’esclusione dei diritti doganali dall’ambito applicativo della nuova norma antiabuso.

DECORRENZA DELLE NUOVE DISPOSIZIONI

La decorrenza della norma antiabuso di cui al citato art. 10-bis è stabilita al 1° ottobre 2015 La formulazione normativa risulta tuttavia più articolata in quanto contiene anche la disciplina
transitoria. Ai sensi dell’art. 1, comma 5, D.Lgs. n. 128/2015 è, infatti, stabilito che:
“Le disposizioni dell’articolo 10-bis … hanno efficacia dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano anche alle operazioni poste
in essere in data anteriore alla loro efficacia per le quali, alla stessa data, non sia stato notificato il relativo atto impositivo”.
Il Decreto, pubblicato sulla G.U. 18.8.2015, è entrato in vigore il 15° giorno successivo, ossia il 2.9.2015. Tale data non corrisponde a quella di decorrenza dell’efficacia delle nuove disposizioni,
posto che il citato comma 5 stabilisce che le previsioni del novellato art. 10-bis dello Statuto del contribuente si applicano dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore e
quindi appunto dall’1.10.2015.
Da tale data si applicano le nuove disposizioni in materia di abuso del diritto che coinvolgeranno:
• le operazioni ritenute abusive effettuate da tale data;
• le operazioni ritenute abusive effettuate prima dell’1.10.2015 per le quali non sia stato notificato a tale data alcun atto impositivo.

LA “PRIMA” SENTENZA EMESSA IN BASE ALLE NUOVE NORME

Come sopra accennato, la Corte di Cassazione, con la sentenza 7.10.2015, n. 40272, nell’affrontare una questione di elusione fiscale, ha applicato, per la prima volta, le nuove disposizioni in materia di abuso del diritto.
In particolare la fattispecie esaminata riguarda una società che ha indicato nella dichiarazione dei redditi elementi passivi fittizi connessi ai rapporti intrattenuti con un soggetto residente all’estero
sulla base di un contratto la cui stipula è stata considerata finalizzata esclusivamente all’evasione delle imposte sui redditi.
Considerato che la discussione in pubblica udienza della causa è avvenuta proprio l’1.10.2015 (giorno di entrata in vigore delle suddette novità), i Giudici hanno ritenuto necessario “rivalutare” la
questione alla luce della nuova disciplina dell’abuso di diritto.
In particolare la suddetta fattispecie è stata ricondotta al nuovo art. 10-bis, Legge n. 212/2000 e considerata, pertanto, penalmente irrilevante.
Ancorché il caso esaminato riguardi un’operazione per la quale, all’1.10.2015, è già stato notificato l’atto impositivo, è stata comunque riconosciuta la depenalizzazione.
I Giudici riconoscono quindi la retroattività dell’irrilevanza penale, ritenendo che, con la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 1, in base alla quale le novità in esame si applicano anche
alle operazioni poste in essere prima dell’1.10.2015 a condizione che a tale data non sia stato notificato alcun atto impositivo, il Legislatore “abbia inteso introdurre una limitazione temporale
esclusivamente alla efficacia retroattiva della disciplina tributaria dell’abuso del diritto e non anche a quella penale”.