Recentemente la Corte di Giustizia UE ha recentemente affrontato l’applicazione del regime del margine in caso di acquisto intraUE di beni usati. Secondo i Giudici comunitari in presenza di una fattura, relativa alla cessione intraUE di beni usati, riportante sia l’indicazione del regime del margine che dell’esenzione IVA, non può essere disconosciuto all’acquirente l’applicazione del regime del margine alla cessione, anche nel caso in cui sia successivamente emerso che il fornitore UE non aveva applicato tale regime. Ciò a condizione che l’acquirente abbia operato in buona fede, adottando “tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo coinvolga in un’evasione tributaria”.

Al commerciante di auto usate che riceve da un fornitore UE una fattura sulla quale sia menzionato tanto il regime del margine quanto l’esenzione IVA riferita ad una cessione intraUE, non può essere negata l’applicazione del regime sui “beni d’occasione” nella successiva cessione interna, in quanto la doppia menzione nella fattura non è, di per sé, un indizio idoneo a far sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasioni “a monte”.

Ciò anche se a seguito di una verifica fiscale in capo al cedente risulta che quest’ultimo non aveva assoggettato la cessione intraUE al regime del margine, a meno che le competenti Autorità non dimostrino che il soggetto passivo non ha agito in buona fede o non ha adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo coinvolga in un’evasione tributaria (circostanza, quest’ultima, che spetta al Giudice del rinvio verificare).

I predetti principi sono stati recentemente sanciti dalla Corte di Giustizia UE nell’interessante sentenza 18.5.2017, causa C-624/15.

 

IL FATTO OGGETTIVO DELLA CAUSA C-624/15

Una società lituana, esercente attività di commercializzazione di autoveicoli d’occasione, nel corso del 2012 aveva acquistato presso una società danese, 25 veicoli, ricevendo fatture con menzione sia del regime del margine sia dell’esenzione IVA. La società acquirente aveva successivamente rivenduto tali mezzi applicando il regime del margine secondo la disposizione della Legge IVA lituana (art. 106, par. 2). In seguito ad una verifica fiscale dell’Ispettorato regionale delle imposte, alla società acquirente è stato notificato un atto di recupero dell’IVA, oltre ad interessi e sanzioni, in ragione dell’infondata applicazione del regime del margine. In particolare la contestazione era collegata al fatto che il fornitore danese non aveva effettivamente applicato il regime del margine ai veicoli ceduti e di conseguenza non risultavano soddisfatti i requisiti per l’applicazione dello stesso da parte della società lituana. Avverso tale decisione, confermata anche dalla Direzione nazionale delle imposte, la società acquirente ha proposto ricorso prima dinanzi alla Commissione per il contenzioso tributario, la quale aveva confermato quanto emerso dalla verifica fiscale eccetto che per gli interessi moratori, poi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale.

Nell’ambito del procedimento, il Tribunale lituano ha precisato che, da un lato, la Direzione nazionale delle imposte non aveva considerato il fatto che le fatture indicavano anche l’esenzione IVA prevista dalla Legge IVA danese (artt. da 69 a 71) e, dall’altro lato, la Commissione per il contenzioso tributario aveva ritenuto che la società acquirente, facendo prova di diligenza, avrebbe dovuto rivolgersi al proprio fornitore per ottenere conferma dell’applicazione del regime del margine da parte dello stesso oppure chiedere alle Autorità tributarie danesi se tale società avesse trasmesso al VIES i dati relativi alla cessione dei veicoli in esame. A fronte della questione se un soggetto passivo, che abbia ricevuto una fattura sulla quale vi sia menzione tanto del regime del margine quanto dell’esenzione IVA, abbia il diritto di applicare tale regime speciale, sebbene in seguito ad una verifica fiscale effettuata nei confronti del fornitore risulti che quest’ultimo non aveva applicato detto regime, il Tribunale amministrativo regionale ha deciso di sospendere il procedimento ed investire la Corte di Giustizia UE di 2 questioni pregiudiziali.

I Giudici comunitari hanno deciso di unificare ed esaminare congiuntamente tali questioni, nel senso che il Giudice del rinvio “chiede, in sostanza, se l’articolo 314 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che osta a che le autorità competenti di uno Stato membro neghino a un soggetto passivo, che abbia ricevuto una fattura sulla quale vi sia menzione tanto del regime del margine quanto dell’esenzione dall’IVA, il diritto di applicare il regime del margine, qualora da una successiva verifica effettuata da dette autorità emerga che il soggetto passivo-rivenditore, fornitore dei beni d’occasione, non aveva effettivamente applicato detto regime alla cessione dei beni di cui trattasi.”

 

LA SENTENZA 18.05.2017 CAUSA C-624/15

Innanzitutto la Corte di Giustizia UE rammenta che il regime IVA speciale del margine, applicabile alle cessioni di beni d’occasione (usati), è finalizzato ad “evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza” tra gli operatori del settore. In merito alle fatture ricevute dalla società acquirente la stessa rileva che sono conformi ai requisiti previsti dalla Direttiva n. 2006/112/CE e che la dicitura “Sezioni 69-71” presente sulle fatture, che rinvia alle disposizioni danesi sul regime del margine, va intesa come se corrispondesse, in sostanza, alla dicitura “Regime del margine – beni di occasione”.

Dall’esame del caso sottoposto, la Corte UE ha potuto constatare che, ai fini della corretta applicazione del regime del margine da parte della società acquirente, non risulta verificata la condizione in base alla quale i beni siano stati ceduti da parte di un soggetto-rivenditore che abbia applicato il regime speciale alla cessione, senza possibilità di applicare alcun altro caso alternativo. Tuttavia, come risulta dalla consolidata giurisprudenza, non è legittimo negare un diritto a un soggetto che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore. Pertanto, non può essere sanzionato colui che abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere. Con specifico riferimento al caso di specie, innanzitutto, a parere dei Giudici comunitari, non si può imporre al soggetto passivo che intende applicare il regime del margine, da un lato, di verificare che il proprio fornitore abbia soddisfatto gli obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o, dall’altro, che il suddetto soggetto passivo disponga di documenti a tale riguardo.

Tali controlli spettano infatti, in linea di principio, all’Amministrazione fiscale e non al contribuente. In merito alle misure adottate dalla società lituana per escludere il proprio coinvolgimento in una frode, dal procedimento è emerso che, in passato, la stessa aveva verificato presso le Autorità fiscali il significato della predetta dicitura “Sezioni 69-71”, ricevendo conferma che le fatture sulle quali compariva tale menzione costituivano una prova sufficiente per l’applicazione del regime del margine. In assenza di indizi circa l’esistenza di irregolarità o evasione e nell’ambito di una relazione commerciale di lunga durata, per i Giudici comunitari non si può di certo esigere che l’acquirente verifichi sistematicamente, per ogni cessione, che il proprio fornitore abbia effettivamente applicato il regime del margine.

Relativamente all’esistenza di indizi di irregolarità nel caso esaminato, sebbene l’indicazione sulle fatture tanto del regime del margine quanto dell’esenzione IVA possa essere considerata ambigua, essa non è di per sé idonea a far sorgere in un soggetto accorto, ma inesperto di IVA, il sospetto dell’esistenza di irregolarità o di evasione commesse dal fornitore. Secondo i Giudici comunitari, infatti, la doppia menzione potrebbe, ad esempio, essere interpretata dall’acquirente quale conferma del fatto che vada assoggettato a imposta solo il margine realizzato dal rivenditore, con esenzione del valore dei beni interessati.

Alla luce di quanto sopra, la Corte di giustizia UE ha ritenuto che le Autorità fiscali non possono negare a un soggetto passivo, che abbia ricevuto una fattura sulla quale vi è menzione tanto del regime del margine quanto dell’esenzione IVA, il diritto di applicare il regime del margine, anche qualora da una successiva verifica emerga che il fornitore dei beni usati non aveva effettivamente applicato detto regime alla cessione dei beni.

Tale diritto, tuttavia, può essere negato se le competenti Autorità dimostrano la mala fede dell’acquirente oppure che quest’ultimo non ha adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo coinvolga in un’evasione tributaria.

 

LA DISCIPLINA NAZIONALE

Per eliminare i dubbi sorti sul trattamento fiscale degli acquisti di autoveicoli usati provenienti dall’UE, e per ridurre la diffusa frode fiscale, l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 18.7.2003, n. 40/E, ha fornito una serie di chiarimenti richiamando l’attenzione degli Uffici sulla necessità di intensificare i controlli nel settore e sull’importanza di attivare le procedure di cooperazione internazionale, ai fini dell’individuazione e del controllo delle operazioni effettivamente realizzate. In particolare, secondo l’Agenzia, in caso di acquisto di autoveicoli usati da parte di un soggetto IVA nazionale presso un operatore UE che emette fattura senza esposizione dell’imposta, va verificato se sia stato applicato il regime del margine.

In tal caso se il corrispettivo è già comprensivo dell’IVA nazionale, la successiva cessione rientra nel regime del margine. Se, invece, trattasi di una cessione intraUE, vanno posti in essere i conseguenti obblighi (integrazione della fattura, doppia registrazione, ecc.) previsti in capo all’acquirente, il quale deve applicare l’IVA sul prezzo di vendita. Per le cessioni effettuate con il regime del margine, benché sia opportuno che tale circostanza sia evidenziata in fattura dal cedente UE, l’acquirente non è esente da responsabilità qualora, sulla base di elementi oggettivi, sia desumibile che il cedente non poteva utilizzare tale regime speciale (ad esempio, quando intestatario del veicolo è un’impresa di noleggio di mezzi di trasporto che ha utilizzato il bene nella propria attività, detraendo l’imposta assolta sull’acquisto).

La stessa Agenzia nella Circolare 26.2.2008, n. 14/E ha fornito ulteriori chiarimenti sulle modalità che disciplinano l’acquisto intraUE di veicoli a motore e fissato nuovi obblighi e regole più rigide per eliminare il fenomeno delle frodi. Secondo l’Agenzia gli operatori nazionali che effettuano acquisti di autovetture usate da soggetti UE e ritengono che l’operazione sia stata correttamente assoggettata al regime del margine, prima di richiedere l’immatricolazione del veicolo, devono esibire / trasmettere all’Ufficio i seguenti documenti, che possono comprovare la regolarità dell’operazione:

• fattura di acquisto dell’autoveicolo ricevuta dall’operatore UE o altro titolo di acquisto;

• carta di circolazione estera;

• eventuale dichiarazione dalla quale risulti che il rivenditore, soggetto d’imposta in Italia, ha acquistato gli autoveicoli usati da:

− un privato consumatore;

− un operatore economico che non ha potuto esercitare il diritto alla detrazione;

− un soggetto passivo d’imposta in regime di franchigia nel proprio Stato UE;

− un soggetto passivo UE che ha applicato, a sua volta, il regime del margine.

 

L’ufficio deve effettuare un controllo preliminare della carta di circolazione e della fattura di acquisto, in modo da verificare se esistono i requisiti minimi affinché l’operazione possa essere inquadrata nel regime del margine e consentire, quindi, la tempestiva immatricolazione senza ostacolare gli ordinari flussi commerciali.

In particolare l’Ufficio deve verificare:

• che la data di prima immatricolazione risultante dalla carta di circolazione sia antecedente di almeno 6 mesi;

• se tra i soggetti esteri precedenti possessori dell’autoveicolo figuri almeno una persona fisica nell’ipotesi, tra le più frequenti, che il nome e cognome riportati sulla carta di circolazione rappresentino un consumatore finale;

• nel caso di esibizione di scrittura privata, che l’ultimo intestatario riportato sulla carta di circolazione coincida con il dante causa della scrittura privata, a garanzia della continuità dei passaggi.

Nel caso in cui i predetti 3 riscontri abbiano esito positivo, l’Agenzia, tramite un’apposita procedura informatica, provvede a comunicare gli estremi identificativi dell’autoveicolo al Centro elaborazione dati del Dipartimento dei trasporti terrestri, al fine di consentire l’immatricolazione dell’autoveicolo. Nel caso in cui dalla carta di circolazione risulti esclusivamente la presenza di società / imprese (ipotesi probabile poiché in molti Stati non esiste l’obbligo di trascrivere sulla carta di circolazione i successivi proprietari dell’autoveicolo), colui che intende immatricolare il veicolo deve rendere un’apposita dichiarazione dalla quale risulti la legittimità dell’applicazione del regime del margine (acquisto da: privato consumatore, operatore economico che non ha potuto esercitare il diritto alla detrazione, soggetto passivo d’imposta in regime di franchigia nel proprio Stato UE, soggetto passivo UE che ha applicato il regime del margine).

Alla dichiarazione va allegata idonea documentazione (ad esempio, la fattura di cessione tra i 2 soggetti esteri) dalla quale risulti verosimile che il veicolo è assoggettabile al regime del margine. In questo caso l’Ufficio consente l’immatricolazione del veicolo, ma contestualmente inizia un controllo fiscale più approfondito, avvalendosi anche della collaborazione delle Amministrazioni fiscali degli Stati UE interessati. In ogni modo, il riscontro positivo dei documenti presentati e la possibilità di procedere all’immatricolazione non impediscono di effettuare controlli più approfonditi per verificare l’esistenza di tutte le condizioni necessarie per l’applicazione del regime del margine. Nel caso in cui, invece, l’operatore interessato non produca alcun documento idoneo a fornire la prova della correttezza dell’applicazione del regime del margine, l’Agenzia delle Entrate consentirà l’immatricolazione del veicolo solamente dopo aver verificato la correttezza dell’operazione, avvalendosi, anche in questo caso, della collaborazione delle Autorità fiscali estere.

Come sancito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 12.3.2014 n. 5679 (confermata dalla sentenza 22.10.2014 n. 22423), qualora l’acquirente sia dedito professionalmente al commercio di autoveicoli usati di provenienza estera, può accertare “in base all’esame dei rispettivi documenti di circolazione e della documentazione accompagnatoria dei veicoli e di quanto ritenuto utile a tal fine, l’uso cui erano stati destinati dal cedente straniero, dai suoi danti causa e le loro qualità soggettive, e di conseguenza, stabilire se fosse verosimile che questi non avesse esercitato il diritto di rivalsa per l’IVA pagata sull’acquisto, come d’altronde era suo dovere fare, in considerazione della richiesta di accedere ad un regime fiscale speciale”.

Secondo l’ordinanza 27.5.2014, n. 11877 (ribadita nella sentenza 24.7.2015, n. 15630, nell’ordinanza 16.9.2015, n. 18185, nella sentenza 21.10.2015, n. 21348 e nelle sentenze 17.2.2016 n. 3089 e 3104) “cade sul contribuente l’onere di provare, a fronte di una contestazione dell’amministrazione, la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga invocata; di guisa che il difetto di tale prova comporta l’inapplicabilità del regime invocato, indipendentemente dalla consapevolezza che della inesistenza dei presupposti abbia avuto il cessionario, potendo eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull’aspetto sanzionatorio”.

Sul punto merita evidenziare anche la sentenza 20.4.2016, n. 7892 nell’ambito della quale la Corte sottolinea che “il rischio fiscale della operazione intracomunitaria, realizzata con applicazione del regime del margine ma in difetto dei presupposti richiesti … ricade sul cessionario che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia verificato preventivamente la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la regolarità formale della fattura) anche con riferimento alla condizione soggettiva del cedente, risultando maggiore il grado di impegno esigibile nella predetta verifica, in dipendenza della qualità professionale del cessionario, ove trattasi di operatore commerciale del settore”.