La residenza fiscale assume un ruolo importante per individuare il luogo di tassazione dei redditi dei contribuenti persone fisiche. Dal trasferimento della residenza all’estero può conseguire l’esonero dalla dichiarazione dei redditi in Italia.

Ai requisiti (alternativi) previsti dalla normativa nazionale devono essere affiancate le previsioni contenute nella Convenzione contro la doppia tassazione stipulata dall’Italia con lo specifico Stato estero. Recentemente l’Agenzia delle Entrate ha fornito interessanti chiarimenti in merito alla questione in esame relativamente alle seguenti situazioni:

− iscrizione all’AIRE per la maggior parte del periodo d’imposta;

− contribuente trasferito all’estero che ha “mantenuto” la famiglia in Italia.

Come noto, la residenza fiscale assume un ruolo importante per individuare il luogo (Stato) di tassazione dei redditi di una persona fisica. In base all’art. 2, comma 1, TUIR sono soggetti passivi IRPEF “le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato”. Ai sensi comma 2 del citato art. 2, sono residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (anno solare):

• sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;

• hanno in Italia il domicilio ai sensi del Codice civile (sede principale degli affari ed interessi, anche morali e sociali);

• hanno in Italia la residenza ai sensi del Codice civile (luogo nel quale il soggetto ha la dimora abituale).

Le predette condizioni sono tra loro alternative. È sufficiente la verifica di uno solo dei 3 requisiti per considerare una persona fisica residente in Italia.

Preme evidenziare che, come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 7.8.2008, n. 351/E, il fatto che un “soggetto mantenga in Italia i propri legami familiari o il «centro» dei propri interessi patrimoniali e sociali è di per sé sufficiente a realizzare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano. In particolare, indipendentemente dalla presenza fisica e dalla circostanza che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero … sono indici significativi, ai fini dell’eventuale residenza fiscale, la disponibilità di una abitazione permanente, la presenza della famiglia, l’accreditamento di propri proventi dovunque conseguiti, il possesso di beni anche mobiliari, la partecipazione a riunioni d’affari, la titolarità di cariche sociali, il sostenimento di spese alberghiere o di iscrizione a circoli o clubs, l’organizzazione della propria attività e dei propri impegni anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano”.

Con riferimento ad un soggetto che ha trasferito la residenza a Montecarlo (Stato a fiscalità privilegiata), con la relativa iscrizione all’AIRE, nella recente ordinanza 1.10.2018, n. 23690, la Corte di Cassazione “tenendo conto della presunzione di mantenimento della residenza fiscale in Italia per l’inserimento del Principato monegasco tra i paesi a fiscalità privilegiata, ex art. 2 co. 2 bis TUIR,” ha valutato “non esaustive le prove addotte dal contribuente per il superamento delle presunzione, e fa a tal fine riferimento agli elementi che di contro confermano la pretesa della Agenzia, quali il possesso di immobili in Italia, la rappresentanza di società domiciliata in Italia, la qualifica di socio in società di capitali italiana, la vicinanza tra i due Paesi, che rende del tutto agevole lo spostamento giornaliero dall’Italia a Monaco”.

Assume inoltre rilevanza la presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con uno specifico Stato estero. Si rammenta che in base all’art. 3, TUIR, l’IRPEF è applicabile:

• per i soggetti residenti in Italia, al totale dei redditi percepiti a prescindere dal luogo di produzione;

• per i soggetti non residenti, solo sui redditi prodotti in Italia.

Recentemente con le Risposte interpello 5.10.2018, n. 26 e 25 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito:

• al trattamento fiscale dei redditi di un soggetto iscritto all’AIRE non per la maggior parte del periodo d’imposta;

• agli adempimenti dichiarativi di un soggetto iscritto all’AIRE che ha “mantenuto” la famiglia in Italia.

 

SOGGETTO ISCRITTO ALL’AIRE NON PER LA MAGGIOR PARTE DEL PERIODO D’IMPOSTA

Il caso esaminato dall’Agenzia nella Risposta n. 26 riguarda un soggetto residente in USA iscritto all’AIRE dall’8.11.2017 che ha percepito un reddito per l’attività di ricerca svolta in USA, ivi presentando la relativa dichiarazione. Va evidenziato che, in base a quanto previsto dalla Convenzione contro la doppia imposizione Italia – USA (Legge n. 20/2009), il reddito percepito per attività di ricerca, per i primi 2 anni, è esente da tassazione nello Stato in cui viene prodotto (nel caso di specie, USA).

In particolare ai sensi dell’art. 20 della citata Convenzione: “Un professore od un insegnante che soggiorna temporaneamente in uno Stato contraente per un periodo non superiore a due anni allo scopo di insegnare o di effettuare ricerche presso una università, collegio, scuola od altro istituto d’istruzione riconosciuto, o presso una istituzione medica finanziata principalmente dal Governo e che è, o era immediatamente prima di tale soggiorno, residente dell’altro Stato contraente, è esente, per un periodo non superiore a due anni, da imposizione nel primo Stato contraente per le remunerazioni relative a tali attività di insegnamento o di ricerca”.

Considerato che il soggetto è iscritto all’AIRE a decorrere dall’8.11.2017, lo stesso per il 2017 assume la qualifica di soggetto fiscalmente residente in Italia, sussistendo una delle 3 condizioni sopra accennate.

In merito alla disposizione “di favore” contenuta nella Convenzione Italia – USA, l’Agenzia evidenzia che, tenuto conto del tenore letterale della citata disposizione, non è possibile estendere in Italia l’esenzione applicabile ai compensi derivanti dall’attività di insegnamento / ricerca negli USA. Di conseguenza il contribuente deve indicare nella dichiarazione dei redditi da presentare in Italia tutti i redditi dallo stesso percepiti, compreso quello derivante dall’attività di ricerca svolta negli USA.

 

SOGGETTO TRASFERITO ALL’ESTERO CHE HA “MANTENUTO” LA FAMIGLIA IN ITALIA

Il caso esaminato dall’Agenzia nella Risposta n. 25 riguarda un soggetto:

• che dall’1.7.2017 ha iniziato a lavorare in Lussemburgo, ivi trasferendo la propria residenza;

• che risulta iscritto all’AIRE;

• titolare di un contratto di affitto di un appartamento in Italia e delle relative utenze / assicurazione, nel quale risiede la propria famiglia.

Il soggetto viene “regolarmente in Italia a trovare la sua famiglia che, a sua volta, va regolarmente in Lussemburgo a trovarlo; pertanto, il trasferimento … in Lussemburgo è legato alla possibilità per lo stesso di poter avere un lavoro che gli consenta di sostenere se stesso e la sua famiglia”.

L’Agenzia rammenta che un soggetto iscritto all’AIRE che soggiorna all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta potrebbe comunque essere considerato fiscalmente residente in Italia. In particolare, il fatto che il contratto d’affitto dell’immobile sito in Italia in cui risiede la famiglia e le relative utenze siano intestate a suo nome, potrebbe “indurre a ritenere che lo stesso abbia nel nostro Paese il proprio domicilio, inteso come luogo in cui una persona … ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”.

 

Residenza in Italia

Come evidenziato dall’Agenzia, nel caso in cui il soggetto non sia in grado di provare l’assenza delle predette 3 condizioni, “lo stesso dovrebbe essere considerato fiscalmente residente nel nostro Paese per gli anni d’imposta 2017 e 2018”. Di conseguenza, tutti i redditi percepiti, e quindi anche quello prodotto in Lussemburgo, vanno dichiarati in Italia.

Per evitare la doppia imposizione, l’art. 24, par. 2 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Lussemburgo (Legge n. 747/82) prevede che “Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili nel Lussemburgo, l’Italia nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sul reddito pagata nel Lussemburgo, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.

 

Residenza in Lussemburgo

Nel caso in cui il contribuente dimostri, per la maggior parte del periodo d’imposta, oltre all’iscrizione all’AIRE, di non avere in Italia né domicilio né residenza ex art. 43, C.c., lo stesso è fiscalmente residente all’estero. In tale circostanza in Italia vanno dichiarati solamente i redditi ivi prodotti.

 

Contestuale residenza in Italia e in Lussemburgo

In caso di “conflitto di residenza”, ossia nel caso in cui in base alla normativa italiana – lussemburghese lo stesso è considerato residente in entrambi gli Stati, va fatto riferimento alla Convenzione Italia – Lussemburgo.

In particolare ai sensi dell’art. 4, par. 2 della citata Convenzione, al fine di individuare la residenza va fatto riferimento innanzitutto al luogo in cui è ubicata l’abitazione permanente, e in secondo luogo ai seguenti criteri (in ordine decrescente):

• ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nello Stato nel quale le sue relazioni personali / economiche sono più strette);

• dimora abituale (nel caso in cui non sia possibile individuare la residenza in base ai suddetti 2 criteri, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);

• nazionalità della persona fisica (quando i primi 3 criteri non sono dirimenti, il soggetto sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità);

• quando una persona fisica ha la nazionalità di entrambi gli Stati o di nessuno di essi, gli Stati contraenti risolveranno la questione di comune accordo.

 

Detrazione figli a carico – Moglie residente in Italia

Relativamente alla detrazione spettante per figli a carico, la stessa ai sensi dell’art. 12, TUIR è ripartita in misura pari al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati ovvero, previo accordi, spetta al genitore che possiede il reddito complessivo più elevato.

Nel caso di specie quindi la detrazione spetta al coniuge residente in Italia (moglie):

• nella misura del 50%, ancorché l’altro coniuge sia residente all’estero;

• nella misura del 100% qualora percepisca un reddito complessivo di ammontare più elevato a quello del marito.