Nell’attuale situazione di crisi economica, è prassi frequente la rinuncia, totale o parziale, dei soci ai crediti (commerciali o di finanziamento) vantati nei confronti della società, ai fini della relativa
patrimonializzazione.
Tale rinuncia determina, in capo alla società (di persone / di capitali), una sopravvenienza attiva non imponibile e, in capo al socio, l’incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Con riferimento alle partecipazioni detenute da società di capitali, l’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione 22.5.2002, n. 152/E, ha affermato che:
“L’intassabilità della rinuncia ai crediti da parte dei soci si giustifica, in via sistematica, in virtù della cointeressenza del socio – creditore alle vicende della società partecipata. La patrimonializzazione di quest’ultima si riflette, infatti, nell’attivo della partecipante attraverso un corrispondente aumento del costo della partecipazione. Per il socio, l’onere conseguente alla rinuncia non è immediatamente deducibile, ma incrementa il costo della partecipazione. La ratio della disposizione è che la rinuncia al credito da parte del socio è effettuata non a titolo di «liberalità», bensì in funzione della patrimonializzazione della società in una prospettiva di continuità dell’attività sociale”.
Inoltre:
“la sopravvenienza non deve concorrere al reddito in quanto trova causa non nello spirito di liberalità o nella «remissione» di un debito da parte di un terzo, bensì nella volontà di un socio di
patrimonializzare la partecipata. Nè, sul piano della ratio del sistema, è rilevante che il socio eserciti il suo controllo direttamente o indirettamente, posto che ciò cui rinuncia continua ad
appartenergli come bene di secondo o terzo grado”.
Ora, l’art. 13, comma 1, lett. a), b) ed e), D.Lgs. n. 147/2015, c.d. “Decreto Internazionalizzazione”, in attuazione della Riforma fiscale contenuta nella Legge n. 23/2014, ha apportato rilevanti modifiche al relativo trattamento fiscale in capo alla società ed ai soci (società di capitali), introducendo rispettivamente una limitazione all’irrilevanza fiscale della sopravvenienza e
all’incremento del costo fiscale della partecipazione.
Le novità sono applicabili “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del … decreto”. Posto che il citato Decreto è in vigore dal 7.10.2015, le nuove
disposizioni operano, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, dal 2016.
TRATTAMENTO CIVILISTICO
Dal punto di vista civilistico la rinuncia dei crediti da parte del socio rappresenta un apporto di patrimonio, come specificato dal nuovo Principio contabile OIC n. 28. Infatti:
“… la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale”.
L’assimilazione ad apporti di capitale riguarda la rinuncia dei crediti:
da finanziamento (ossia i finanziamenti, fruttiferi o infruttiferi, effettuati dai soci relativamente ai quali la società ha l’obbligo di restituzione);
di natura commerciale.
Rispetto alla previgente versione dell’OIC n. 28 è quindi ora prevista la trasformazione in apporto della rinuncia dei crediti a prescindere dalla natura degli stessi.
Va evidenziato che la rinuncia, per rappresentare un apporto, deve essere:
finalizzata all’incremento patrimoniale della società;
non connessa ad esempio, a controversie attinenti alla fornitura di beni. In tal caso, infatti, la stessa “transita” a Conto economico.
TRATTAMENTO FISCALE IN CAPO ALLA SOCIETA’
Analogamente ai versamenti in denaro o in natura a fondo perduto / in conto capitale effettuati dai soci a favore della società, la rinuncia dei crediti che i soci vantano nei confronti della società non costituisce, ai sensi dell’art. 88, comma 4,TUIR, una sopravvenienza attiva, con conseguente irrilevanza fiscale della stessa.
Novità del Decreto Internazionalizzazione
La lett. a) del comma 1 dell’art. 13, D.Lgs. n. 147/2015, ha innovato la formulazione del citato art. 88, TUIR:
eliminando dal comma 4 il riferimento alla rinuncia dei soci ai crediti con la conseguenza che non costituiscono sopravvenienze attive esclusivamente i versamenti in denaro o in natura
effettuati a fondo perduto o in conto capitale, nonché gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni;
introducendo il nuovo comma 4-bis, in base al quale:
“La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale”.
Per effetto delle suddette modifiche, pertanto, la rinuncia dei soci ai crediti:
non rileva nel limite del valore fiscale del credito;
è imponibile per la parte eccedente tale valore.
Come evidenziato nella Relazione illustrativa al citato Decreto, “il nuovo regime qualifica fiscalmente «apporto» la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente
riconosciuto del credito”. Di conseguenza:
“nei limiti del valore fiscale del credito … la società rileva fiscalmente un apporto (non tassabile); l’eccedenza, invece, costituisce … una sopravvenienza imponibile. E ciò a prescindere dal relativo trattamento contabile, con la conseguenza che si può generare un fenomeno di tassazione da gestire con una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi”.
Di fatto, quindi:
“viene … equiparata l’operazione di apporto da parte del socio e successivo saldo e stralcio del debitore partecipato con il creditore con l’operazione di previa acquisizione del credito (a
«sconto») da parte del socio e successiva rinuncia”.
Ai predetti fini, ai sensi del citato comma 4-bis, è necessario che il socio rilasci alla società una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la quale comunica il costo fiscale del credito.
In mancanza di tale comunicazione, il costo fiscale è assunto pari a zero e pertanto la società deve assoggettare a tassazione l’intera sopravvenienza attiva.
Conversione del credito in partecipazione
Le predette novità si applicano anche nell’ipotesi di conversione del credito vantato dal socio in partecipazione. In tal caso il valore fiscale di queste ultime è assunto per un importo pari al valore
fiscale del credito in sede di conversione, al netto delle perdite su crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione.
TRATTAMENTO FISCALE IN CAPO AL SOGGETTO IRPEF
Per il socio soggetto IRPEF la rinuncia del credito vantato nei confronti della società rappresenta un incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, come confermato nella
CM 24.6.98, n. 165/E.
TRATTAMENTO FISCALE IN CAPO AL SOGGETTO IRES
Con riguardo al trattamento fiscale della rinuncia al credito nei confronti del socio soggetto IRES, gli artt. 94, comma 6 e 101, comma 7, TUIR, prevedono l’integrale imputazione del relativo
ammontare al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Novità del Decreto Internazionalizzazione
A fronte della tassazione, in capo alla società, dell’eccedenza del credito rispetto al valore fiscale, le lett. b) ed e) del comma 1 del citato art. 13 prevedono, modificando i citati artt. 94 e 101,
l’incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione esclusivamente nei limiti del predetto valore.
Come evidenziato nella citata Relazione:
“l’aver previsto l’incremento del costo della partecipazione del creditore di un importo limitato al valore fiscale del credito comporta che l’operazione di rinuncia … per il creditore non dà
luogo a tassazione della differenza rispetto al valore nominale”.
La nuova disposizione ha la finalità di evitare l’acquisto da parte del socio, per importi inferiori al relativo valore nominale, di crediti di terzi vantati nei confronti della società partecipata, difficilmente esigibili e la successiva rinuncia del socio stesso alla riscossione al fine di realizzare “salti” d’imposta.
Ciò, infatti, comporta la deducibilità della perdita su crediti in capo al terzo cedente a fronte dell’irrilevanza della sopravvenienza attiva in capo alla società beneficiaria della rinuncia e
dell’incremento, in capo al socio, del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in misura corrispondente.